Documento di protesta aree umanistiche – bando PRIN 2011

Pubblicato il 28 Gennaio 2012

Le società e le associazioni scientifiche afferenti alle aree delle scienze umane e sociali esprimono disagio e sincera preoccupazione  per le regole di presentazione di progetti PRIN fissate dal Bando di cui al D.M. 27 dicembre 2011 n. 1152/ric., in quanto tali regole appaiono penalizzare in modo severo tutte le discipline appartenenti alle aree CUN dalla 10 alla 14.

Va sicuramente dato atto al Ministro di aver riaperto i canali istituzionali di finanziamento alla ricerca nella prospettiva di liberare le energie e di valorizzare i punti di forza del Paese per promuoverne sviluppo e crescita. Vanno tuttavia rilevati numerosi punti di criticità.

Innanzitutto non sfugge come, sotto il profilo finanziario, a fronte della maggior dotazione dei fondi  – da euro 105.977.007 del bando 2009 a euro 175.462.100 dell’attuale bando – e stante la trasformazione delle assegnazioni da biennali a triennali, le risorse complessive appaiano sostanzialmente invariate su base annua, ma la loro distribuzione per area risulti fortemente sperequata. Mentre per la maggior parte delle aree (da 1 a 9  e 13-14) si registrano incrementi percentuali reali su base annua anche consistenti (area 7), per le aree 10-12 si rilevano diminuzioni nette di entità fino al 25 % per l’area 10. Ciò appare tanto meno comprensibile se si considera che le sole 3 aree 10-12 raggruppano il 26 % dei docenti/ricercatori italiani.

E senz’altro condivisibile l’idea di ottimizzare i finanziamenti con una distribuzione mirata a favore di progetti di ampie dimensioni. Tuttavia l’entità finanziaria minima e massima prevista per i singoli progetti di ricerca lascia fortemente perplessi. I progetti delle aree delle scienze umane e sociali devono presentare costi non inferiori a euro 600.000 e fino a 1.600.000 euro. Ciò significa che sarà indispensabile dare vita a raggruppamenti tra università indipendentemente dall’esistenza di linee di ricerca originali realmente condivise, privilegiando il numero rispetto alla composizione delle singole unità e sottoponendo a forte pressione negativa la ricerca di innovatività rispetto al conseguimento delle dimensioni richieste. Si tratta di un inconveniente particolarmente grave nelle aree socio-umanistiche, date le modalità, metodi, procedure e anche costi di ricerca che le caratterizzano, ma sicuramente rilevabile anche in aree scientifiche tecnologico-sperimentali. Ne segue un elevato rischio di formazione di aggregazioni di progetto del tutto artificiose, dove il perseguimento dei requisiti dimensionali farà premio sulla ricerca di autentica qualità.

Anche l’auspicata e certamente positiva partecipazione di istituzioni straniere non può non apparire di difficile realizzazione date le scadenze di presentazione (29 febbraio e 7 marzo) fissate da un bando pubblicato peraltro solo il 28 dicembre, ossia in piene festività natalizie, e di fatto circolato solo a partire dalla seconda settimana di gennaio 2012.

Sotto il profilo procedurale, inoltre, la valutazione dei progetti è prevista attraverso un doppio livello, in prima istanza presso le università di appartenenza del coordinatore scientifico nazionale, in seconda istanza presso il Ministero sulla base dei progetti selezionati in numero limitato da ogni singola università. Le modalità di preselezione affidate a revisori anonimi scelti dalle stesse università stabiliscono limiti numerici dei progetti e punteggi di valutazione  non privi di criticità:

a)    ciascuna università “ può preselezionare, a livello di coordinatore scientifico, un numero di progetti non superiore allo 0,75% del numero di docenti e ricercatori presenti nei propri ruoli al momento della scadenza del bando “. L’esempio addotto nelle istruzioni che accompagnano il bando chiarisce che una ipotetica università di 1234 docenti e ricercatori potrà inviare alla fase ministeriale di valutazione non più di 10 progetti. Ciò comporta evidentemente una forte penalizzazione a danno delle università di media e piccola dimensione e delle università generaliste, ossia i cui docenti/ricercatori coprono tutte le 14 aree. Visto poi il comma 4 dell’art. 5 del decreto, secondo il quale “ ogni università deve assicurare il rispetto della proporzionalità percentuale per area disciplinare rispetto ai progetti chiusi alla scadenza”, è verosimile che anche le grandi università risultino penalizzate da un meccanismo che rende più probabile la selezione di progetti espressi da aree particolarmente numerose piuttosto che da aree di dimensioni più ridotte, ma possibilmente di elevata qualità, senza che i correttivi previsti possano significativamente contenere tale rischio;

b)    In alcune delle 14 aree scientifiche, inoltre, convivono, com’è ben noto, discipline assai diverse tra loro. All’area 11, per esempio, fanno riferimento i settori di storia, filosofia, psicologia, pedagogia, geografia, demoetnoantropologia, scienze motorie. E’ evidente che, nella migliore delle ipotesi, solo uno di questi potrà vedere selezionato un proprio progetto, laddove i rimanenti non avranno alcuna opportunità di accedere alla successiva fase di valutazione.

c)    Appare, più in generale, che la preselezione a livello di ateneo, così come configurata dal bando, con la previsione di limiti quantitativi ancorati a una percentuale del numero dei docenti/ricercatori, può non di rado tradursi – come già nel caso di cui al precedente punto – nell’inevitabile accantonamento di criteri di qualità, di merito e di opportunità di accesso alla valutazione in nome dell’osservanza di limiti quantitativi. La numerosità dei progetti, in altre parole, va considerata un asset, non un inconveniente a cui porre rimedio; ed è auspicabile che numerosi progetti abbiano la chance di sottoporsi a una valutazione esperta, indipendente e trasparente tesa ad accertarne la qualità.

Quanto alla valutazione di secondo livello, essa sarà affidata a 14 Comitati di Selezione, uno per ogni area CUN, formati da tre esperti designati dal Comitato Nazionale dei Garanti della Ricerca. Sia in questa fase sia in quella della preselezione si richiede che ben 25 punti su 100 siano assegnati a progetti strettamente relazionati agli obiettivi dell’VIII programma europeo ‘Horizon 2014-2020’. Il proposito di allineare gli obiettivi nazionali a quelli europei è sicuramente condivisibile. Si dà però il caso che le priorità tematiche rientranti negli obiettivi strategici di Horizon 2020 (Leadership in enabling and industrial technologies (Information and communication technologies, Nanotechnologies, Advanced materials, Biotechnology, Advanced manufacturing and processing, Space; Access to risk finance; Innovation in SMEs; Health, demographic change and wellbeing; Food security, sustainable agriculture, marine and maritime research and the bio-economy; Secure, clean and efficient energy; Smart, green and integrated transport; Climate action, resource efficiency and raw materials; Inclusive, innovative and secure societies) ritaglino spazi limitatissimi per un ampio numero di settori della ricerca, soprattutto socio-umanistica. Ne consegue con ragionevole certezza che i progetti i cui obiettivi non collimino con quelli sopra indicati non avranno alcuna possibilità di essere selezionati nemmeno a parità di punteggi di merito, considerata la regola in base alla quale, in caso di ex-aequo “ è data priorità ai progetti che hanno ottenuto il punteggio più elevato nel criterio di cui all’articolo 5, comma 7, lettera c “, ovvero a quelli rientranti negli obiettivi del programma ‘Horizon’.

Per tutte queste ragioni, le sottoscritte società ed associazioni afferenti al le aree 10-14 evidenziano come il bando PRIN 2011, con le previste modalità di preselezione e valutazione di progetti, limiti sensibilmente i principi di pari opportunità e di valutazione per merito; e invitano  il governo, le forze politiche e l’opinione pubblica a riconsiderare i contenuti di un bando la cui applicazione non può che causare un pesante sacrificio ai danni di importanti settori della ricerca scientifica del nostro Paese. Sollecitano altresì il governo ad adottare procedure di finanziamento della ricerca che, fatti salvi i principi della valutazione di qualità dei progetti e dell’ottimizzazione delle risorse, rispettino modalità, metodi e tematiche della ricerca proprie dei diversi settori scientifici, derivino da un confronto con la comunità della ricerca e ne ottengano il consenso, e, infine, prevedano emissioni annuali continuative dei bandi, regole stabili nel tempo e scadenze di calendario compatibili con la predisposizione di seri progetti scientifici nazionali e internazionali.

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Società che hanno approvato il documento il Documento:

SISSCo  (Società italiana per lo Studio della Storia contemporanea)

Sisem (Società Italiana per la Storia dell’Età Moderna)

Sismed (Società Italiana degli Storici Medievisti)

CUSGR (Consulta per la storia greca e romana)

SIS (Società italiana delle Storiche)

AIP (associazione Italiana di Psicologia)

SIPED ( Società Italiana di  Pedagogia)

SIRD (Società Italiana di Ricerca Didattica)

Consulta Nazionale di Pedagogia (che comprende: SIPED, SIRD, Centro Italiano di Ricerca Storico-Educativa, Società Italiana di Pedagogia speciale, Centro Italiano di Ricerca Pedagogica, Società Italiana di Ricerca ed Educazione Multimediale, Società Italiana di Ricerca Educativa e Formativa).

SIMBDEA (Società italiana per la museografia e i beni demoetnoantropologici)

ANUAC (Associazione Nazionale Universitaria Antropologi Culturali)

CUSL (Consulta di studi latini)

CULCA (Consulta Universitaria di Letteratura cristiana antica)

Conferenza dei Presidi di lingue e letterature straniere

AIA (Associazione Italiana di Anglistica)

ANDA (Associazione Nazionale Docenti di Anglistica)

SeSaMO (Società di Studi sul Medio Oriente)

AISNA  (Società Italiana di Studi Nordamericani)