È trascorso più di un mese e mezzo dall’orrendo attentato perpetrato da Hamas contro civili israeliani; da quel momento la risposta militare israeliana, accompagnata da dichiarazioni durissime da parte della leadership politica, è stata estremamente violenta e non ha risparmiato obiettivi civili e più in generale una popolazione inerme che già viveva sotto assedio nella Striscia di Gaza. Il conflitto ha attualmente causato tra 15 e 20mila mortɜ palestinesɜ, secondo l’Onu e EuroMed Monitor, che riporta più di 4mila donne e 8mila bambinɜ uccisɜ, con dati in preoccupante aggiornamento. Tra le vittime anche personale medico, giornalistɜ e operatorɜ umanitariɜ. Da parte israeliana ɜ mortɜ sono 1200 e circa 240 le persone prese in ostaggio da Hamas, sempre secondo l’Onu. Il 24 novembre è iniziata una tregua che auspichiamo possa consolidarsi in pace duratura.
La Società Italiana delle Storiche si unisce alle voci di quantɜ in tutto il mondo chiedono un permanente cessate il fuoco a Gaza, l’ingresso senza condizioni dei soccorsi umanitari, la fine delle ostilità a Gaza e nei territori occupati in Cisgiordania, il rilascio immediato di tutti gli ostaggi israeliani a Gaza e deɜ prigionierɜ politicɜ in Palestina-Israele.
Come storiche non possiamo non tener conto delle condizioni preesistenti l’ingiustificabile attacco di Hamas del 7 ottobre: un conflitto in corso da decenni con diverse fasi di intensità, in cui la popolazione civile ha sempre contato le perdite maggiori. Nel corso degli anni, non solo le organizzazioni internazionali ma anche gruppi della società civile, incluse iniziative congiunte di donne israeliane e palestinesi, hanno fatto sentire le loro voci a favore di una risoluzione giusta e per la fine dell’occupazione.
Nel descrivere Gaza non la si può ridurre a enclave di Hamas. Gaza è primariamente la terra che ha accolto rifugiatɜ sin dal 1948, che dal 1967 è sotto occupazione, e che da sedici anni si trova in un regime di chiusura e controllo da parte delle autorità israeliane. Israele persiste nell’occupazione dei territori palestinesi nonostante la condanna del diritto internazionale e numerose risoluzioni delle Nazioni Unite; e da anni si registrano gravi violazioni dei diritti umani, come denunciano numerose organizzazioni internazionali.
Con piena adesione ai valori della tradizione pacifista e antimilitarista non possiamo che condannare la guerra. Non possiamo accettare alcuna ragione che giustifichi l’intervento dell’esercito anteponendolo al ricorso agli strumenti del diritto internazionale. Né ci sono ragioni, a nostro avviso, che giustifichino imposizioni di misure estreme contro la popolazione come l’evacuazione in un brevissimo arco di tempo, la sospensione di forniture d’acqua e di corrente elettrica, il diniego dei soccorsi umanitari. Secondo il diritto internazionale queste non sono azioni di legittima difesa ma, al pari dell’attentato del 7 ottobre, sono crimini contro l’umanità. Si tratta di azioni che avvengono in spregio del diritto internazionale dei conflitti armati, un quadro giuridico che si è sviluppato sulle macerie della seconda guerra mondiale e protegge i civili, i beni e le infrastrutture come ospedali e scuole.
Se la storia di Israele e Palestina ci può insegnare qualcosa è che i reiterati tentativi di soluzione militare e terroristica promossi nel corso del ventesimo secolo non sono destinati ad essere risolutivi. La soluzione non può che essere politica, basata sul rispetto delle norme del diritto internazionale e sul riconoscimento reciproco del dolore di tuttɜ, anche di chi, per ascendenza familiare o elettiva, vive il riverbero della guerra ben oltre il terreno sul quale essa si consuma.
Con sgomento e preoccupazione infatti assistiamo, in Italia e in altri paesi, a un crescente e pericoloso restringimento degli spazi di libera espressione, a una rigida polarizzazione delle posizioni, a una conseguente perdita di quella complessità di cui ogni dibattito necessita. Con altrettanto sgomento e altrettanta preoccupazione constatiamo il ripresentarsi di gravi fenomeni di antisemitismo da un lato e di islamofobia dall’altro.
Alla luce di questi preoccupanti scenari, richiamiamo con forza la necessità del ripristino delle condizioni di giustizia e di legalità in Palestina, e lavoriamo per costruire una cultura del dialogo e della solidarietà in grado di superare l’incomunicabilità e di trascendere confini.
Il Direttivo della Società Italiana delle Storiche
29 novembre 2023