Il prestigioso riconoscimento a una donna, storica, studiosa del mercato del lavoro in prospettiva di genere
Il premio Nobel per l’economia 2023 è stato assegnato alla storica economica americana Claudia Goldin. Come storiche e come donne, non possiamo che rallegrarci che il lavoro di una donna, e di una storica, abbia ottenuto un riconoscimento così prestigioso.
Prima donna a ricoprire il ruolo di professoressa di economia a Harvard, Goldin è anche la prima donna ad aver ottenuto un premio Nobel in economia “tutto per sé”. Istituito nel 1968 e attribuito dal 1969, il Nobel per l’economia è stato infatti assegnato in passato ad altre due donne, Elinor Ostrom (2009) ed Esther Duflo (2019), ma in condivisione con colleghi uomini.
L’attribuzione del prestigioso riconoscimento a Goldin porta al 3,2% la percentuale di donne insignite del Nobel per l’economia (3 su 93): il divario tra donne e uomini resta enorme, ma è comunque un passo importante.
E questo anche perché, per la prima volta, le motivazioni del premio riguardano una questione di genere: “for having advanced our understanding of women’s labour market outcomes”. Il Nobel a Goldin è dunque anche un riconoscimento del fatto che il genere è un’utile categoria di analisi economica, per parafrasare Joan Scott (ma probabilmente dovremmo dire imprescindibile).
Proprio il divario di genere e le ragioni del suo persistere sono al centro degli studi di Goldin, il cui libro forse più noto è Understanding the Gender Gap: An Economic History of American Women (Oxford 1990).
L’attribuzione del Nobel a una studiosa, quale è Goldin, convinta della necessità di uno sguardo di lungo periodo per capire le caratteristiche della partecipazione femminile al mercato del lavoro, è infine anche un riconoscimento dell’importanza della storia per la comprensione dell’economia. Il comunicato stampa dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze sottolinea esplicitamente come la ricerca archivistica di Goldin e il suo approccio, che abbraccia oltre due secoli, permettano di comprendere tanto le cause delle trasformazioni dei tassi di occupazione e delle retribuzioni di donne e uomini quanto il persistere dei divari di genere.
Nei suoi scritti, e in particolare nel noto saggio “The U-Shaped Female Labor Force Function in Economic Development and Economic History” (1994 e 1995), Goldin sostiene che la partecipazione femminile al mercato del lavoro, in particolare quella delle donne sposate, nel corso dello sviluppo economico inizialmente diminuisce. Da un lato, la produzione si sposta dalla casa e dalle aziende familiari alle grandi imprese, rendendo difficile la conciliazione di lavoro e famiglia. Dall’altro, il miglioramento economico permette alle donne di rinunciare al lavoro manuale extradomestico, socialmente stigmatizzato. In seguito, con l’ampliarsi dell’istruzione femminile, la partecipazione femminile al mercato del lavoro torna ad aumentare: un numero crescente di donne, infatti, entra in attività esenti da stigma sociale (impiegate, insegnanti etc.).
Persiste, tuttavia, un profondo divario di genere nella distribuzione del lavoro domestico, nei tassi di occupazione, nelle retribuzioni, nelle possibilità di carriera. Tra le ragioni principali di tale persistenza, Goldin, nel recente volume Career and Family: Women’s Century-Long Journey Toward Equity (Princeton, 2021), annovera il fatto che le occupazioni pagate meglio e con maggiori possibilità di carriera spesso sono “greedy jobs” – lavori avidi – che prevedono grande flessibilità e disponibilità a lavorare la sera e nei weekend da parte di lavoratori e lavoratrici difficilmente sostituibili. In molte coppie, per conciliare lavoro e famiglia, le donne svolgono pertanto lavori standard, gli uomini lavori “greedy”. In questo senso, per raggiungere l’equità di genere non basta la crescita economica: è necessario cambiare il
modo di lavorare.
Naturalmente l’equità di genere non è importante solo per le donne, ma per la società tutta. Come sottolinea Jakob Svensson, Presidente del comitato che attribuisce il Nobel di economia, un ulteriore valore delle ricerche di Goldin, oggetto di vivaci dibattiti, risiede nel fatto che permettono di capire quali sono le barriere sulle quali è necessario agire. Il riconoscimento dato con il Nobel agli articolati studi di Goldin, qui solo tratteggiati, costituisce una lezione importante, in particolare per un paese come l’Italia, dove i divari di genere restano altissimi, soprattutto nel mondo del lavoro (nel Global Gender Gap Report del 2023, l’Italia risulta 104a su 146 nazioni esaminate per quanto riguarda la partecipazione economica, dunque tra i paesi più lontani dalla parità di genere). Non c’è dubbio, infatti, che una delle principali cause delle attuali profonde difficoltà del nostro paese, a partire dal cosiddetto inverno demografico, risieda proprio nel non aver saputo o voluto mantenere la promessa di parità di genere contenuta dell’art. 3 della Costituzione.